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S. E. Mons. Benedetto Tuzia

S. E. Mons. Benedetto Tuzia è nato a Subiaco il 22 dicembre 1944. Ordinato sacerdote il 29 giugno 1969 per l’Abbazia sublacense, si è licenziato in Teologia pastorale presso l’Università Lateranense. Nel 1970 si è trasferito a Roma e dal 1° settembre 1980 fa parte del clero diocesano. Ha ricoperto diversi incarichi e ministeri: vicario parrocchiale di Santa Chiara dal 1971 al 1984; vicario parrocchiale di Nostra Signora di Guadalupe a Roma dal 1984 al 1987. Nel 1987 è stato nominato amministratore parrocchiale della Chiesa di San Damaso; parroco di Santa Silvia dal 1987 al 2003.

È stato prefetto della XXIX Prefettura e ha collaborato al Sinodo diocesano e alla preparazione del Giubileo dell’Anno 2000. Dal 1° settembre 2003 è stato Parroco di San Roberto Bellarmino. Il 28 gennaio 2006 il Santo Padre Benedetto XVI lo ha nominato Vescovo Ausiliare della diocesi di Roma (Italia) assegnandogli la sede titolare vescovile di Nepi. Il 31 maggio 2012 Papa Benedetto XVI lo nomina Vescovo di Orvieto – Todi. Il 7 aprile 2020 papa Francesco accoglie le sue dimissioni presentate per raggiunti limiti d’età. In pari data, con la nomina a vescovo di Orvieto-Todi di S.E. Mons. Gualtiero Sigismondi, diventa Amministratore Apostolico della Diocesi.

 

Descrizione dello stemma ecclesiastico di  S. E. Mons. Benedetto Tuzia

Secondo la tradizione araldica ecclesiastica, lo stemma di un Vescovo è normalmente composto da:

– uno scudo, che può avere varie forme (sempre riconducibile a fattezze di scudo), e contiene dei simbolismi tratti da idealità personali, o da tradizioni familiari, oppure da riferimenti al proprio nome, all’ambiente di vita, o ad altro;

– una croce astile in oro, posta in palo, ovvero verticalmente dietro lo scudo;

– un cappello prelatizio (galero), con cordoni a dodici fiocchi, pendenti, sei per ciascun lato (ordinati, dall’alto in basso, in 1.2.3.), il tutto di colore verde;

– un cartiglio inferiore recante il motto scritto abitualmente in nero.

Nel nostro caso si è scelto uno scudo di foggia gotica, classica e frequentemente usata nell’araldica ecclesiastica e una croce astile in oro, non gemmata e con quattro lobi lanceolati, posti all’intersezione dell’asta col traverso, a simboleggiare i raggi.

Il motto: “DEI CARITATI CREDIDIMUS”

(1 Giovanni 4,16). Il motto è tratto dalla Prima lettera di Giovanni ed è stato scelto dal Vescovo per significare che il suo servizio pastorale intende svolgersi alla luce dell’amore di Dio ed, inoltre, per richiamare la prima Lettera Enciclica del Santo Padre Benedetto XVI, “Deus caritas est”. 

Blasonatura

“Tagliato: nel primo di argento alla croce di San Benedetto; nel secondo di azzurro al pellicano con la sua pietà di oro”

Interpretazione

L’argento simboleggia la trasparenza, quindi la Verità e la Giustizia, doti fondamentali su cui articolare la nostra vita con i fratelli, insegnamenti che accompagnano anche i precetti della regola di San Benedetto, Patrono d’Europa, qui rappresentato dalla Croce che porta il suo nome. Il riferimento al santo patriarca, fondatore del monachesimo occidentale, vuole ricordare il nome del Vescovo, Benedetto, ed il suo luogo di origine, Subiaco che ha visto l’inizio e la crescita del suo cammino di fede. Inoltre, è anche un riferimento devoto e filiale a Papa Benedetto XVI che ha chiamato Mons. Tuzia ad entrare nel Collegio Episcopale.
L’azzurro è il colore simbolo delle idealità che salgono verso l’alto, rappresenta il distacco dai valori mondani e l’ascesa dell’anima verso Dio, quindi il percorso delle Virtù celesti che s’innalzano verso l’incorruttibilità del cielo. Nella tradizione della Chiesa è anche colore mariano e rappresenta quindi la Madonna che, nel nostro caso, avvolge e accompagna il Pellicano, rappresentazione del Cristo, che qui esprime il più alto livello di abnegazione, d’amore e quindi di Carità nel donare il proprio sangue per i figli.
L’oro, metallo più nobile, è il simbolo della prima Virtù, la Fede ed è stato usato per rappresentare il pellicano in quanto è grazie alla Fede che possiamo comprendere appieno il messaggio d’amore che ci arriva da Cristo.