Come anticipato pochi giorni fa nell’articolo intitolato Feste centenarie di Dante Alighieri e di Napoleone Bonaparte …, ieri 25 marzo papa Francesco con la Lettera Apostolica Candor Lucisaeternae (Splendore della Luce eterna) ha riproposto all’attenzione della Chiesa la figura di Dante Alighieri nel VII centenario della sua morte. 

Dopo aver riproposto le parole dei pontefici suoi predecessori nell’ultimo secolo, nei successivi paragrafi, il Papa approfondisce la vita del Sommo Poeta come paradigma della condizione umana, la missione del Poeta quale profeta di speranza, il suo ruolo di cantore del desiderio umano, di poeta della misericordia di Dio e della libertà umana per passare poi ad esaminare l’immagine dell’uomo nella visione di Dio. 

Prende quindi in esame le tre donne della Commedia, Maria, Beatrice e Lucia, le tre figure che aiuteranno il Poeta nel viaggio. Dante -scrive il Papa- canta le lodi della Madonna «con accenti lirici altissimi» e la identifica come figura della carità, mentre Beatrice simboleggia la speranza e Lucia è l’immagine della fede. 

«Nella candida rosa dei beati, al cui centro brilla la figura di Maria, Dante colloca anche numerosi santi, dei quali tratteggia la vita e la missione, per proporli come figure che, nella concretezza della loro esistenza e anche attraverso le numerose prove, hanno raggiunto il fine della loro vita e della loro vocazione». Tra i santi papa Francesco rievoca brevemente solo la figura di san Francesco d’Assisi, «illustrata nel Canto XI del Paradiso, dove si parla degli spiriti sapienti». Il Papa paragona San Francesco, che«insieme ai suoi, uscì dal chiostro, andò tra la gente, per le vie di borghi e città, predicando al popolo, fermandosi nelle case», a Dante che «fece la scelta, incomprensibile all’epoca, di usare per il grande poema dell’aldilà la lingua di tutti e popolando il suo racconto di personaggi noti e meno noti, ma del tutto uguali in dignità ai potenti della terra». 

Nell’ultimo paragrafo papa Francesco invita gli uomini ad accogliere la testimonianza di Dante Alighieri perché «esule e pellegrino, fragile ma rinato grazie alla visione che dalla profondità degli inferi, dalla condizione umana più degradata lo ha innalzato alla visione stessa di Dio, si erge a messaggero di una nuova esistenza, a profeta di una nuova umanità che anela alla pace e alla felicità». E ancora «Dante si fa paladino di ogni essere umano e della libertà come condizione fondamentale sia delle scelte di vita sia della stessa fede. Il destino eterno dell’uomo dipende dalle sue scelte, dalla sua libertà: anche i gesti quotidiani e apparentemente insignificanti hanno una portata che va oltre il tempo, sono proiettati nella dimensione eterna». ” Fonte Avvenire.it”