«L’assemblea degli animali». Una favola selvaggia

Scrive il gesuita Antonio Spataro: Ha fatto molto parlare di sé la «favola selvaggia» – così il libro definisce se stesso – dal titolo L’assemblea degli animali. Il volume è illustrato in maniera magistrale da Riccardo Mannelli. Il suo autore è Filelfo. Non conosciamo il vero nome che si nasconde dietro quello di un umanista del XV secolo, nato in Grecia da una famiglia italiana. Ha scelto questo nome perché legato al nonno, affiliato alla «partecipanza dei Filelfi», antica corporazione di mestieri. […].

​E’ uno di quei libri […] che parla all’essere umano senza aggettivi. La sua prosa è elegante, raffinata, ma anche piana, netta e semplice, nel suo senso originario di sine plica, senza piega. Scorre serenamente, perfino troppo. Una favola decisamente impegnativa per il suo tema: il Covid-19 visto dagli animali, la pandemia dal loro punto di vista. E’ una favola: dunque, gli animali pensano e parlano, come avviene nelle pagine di Esopo. Il libro è anche erede degli apologhi morali e delle allegorie delle bêtes savantes.

Tutto è connesso

​Gli animali si ritrovano in un luogo segreto. L’assemblea degli animali decide di dare un segnale all’uomo che ha smarrito se stesso e il suo rapporto organico con la natura, intesa, come «un unico sistema fatto di infinite e meticolose connessioni». Tutto è connesso. Gli animali decidono di dare un avvertimento all’uomo perché riscopra se stesso, impari «da una lunga pena» (p. 50) e riscopra di essere, insieme agli animali, parte di un unico mondo. Lo chiede la balena, animale saggio nel suo mistero e nella sua enorme dimensione, «grande muro bianco per fare la diga all’angoscia del mondo» (p. 46). Questa nuova forma di «arca di Noè» trasforma la fiaba in uno strumento di lotta per riappropriarsi della conoscenza e vincere la dimenticanza di un’armonia infranta. Si leggono in controluce il desiderio e la necessità di un nuovo umanesimo.

​In questa scoperta sarà il topo – che in un’intervista Filelfodefinisce «il più filosofo degli animali» – a inventarsi la pena, la pandemia. Lui che dice le verità più scomode sulla natura umana, perché conosce le nostre debolezze. Da sempre è legato alla peste che, attaccando l’uomo, ha di fatto sovvertito imperi e ribaltato demografie. E il topo affida l’esecuzione della sentenza al topo con le ali, il pipistrello.

​Saranno invece il cane e il gatto, che vivono più in simbiosi con l’uomo, a soccorrere il genere umano. E’ il cane a essere preso da una pietà profonda e millenaria, fatta di fedeltà sin dalla cacciata dal Paradiso terrestre – ci suggerisce Filelfo -, che sembra vincere la consapevolezza dei misfatti umani. Infatti, nella pandemia «tutti i cani del mondo sentivano che la malattia stava mordendo gli uomini alla gola e provavano il loro stesso terrore, come quando gli antenati avvertivano il fremito delle greggi all’accostarsi del lupo, e loro, un tempo lupi e adesso guardiani di agnelli, anelavano alla battaglia come sentinelle all’aurora» (p. 99). […]

La rottura di un’armonia

​Che cosa era accaduto agli uomini? Essi «non guardavano più il cielo. Avevano alzato sul mondo una nebbia di polveri e fumi e cattivi odori che coprivano il soffio della primavera in arrivo, come già all’equinozio d’autunno i primi refoli dei venti invernali, confondendo tanti uccelli migratori, facendo saltare programmi, ritardando arrivi e partenze e trasformando le rotte verso sud in uno di quei grovigli di autostrade intasate che gli uomini usavano per spostarsi freneticamente da un posto all’altro senza che il corvo riuscisse a capire le ragioni nascoste di quel vano e continuo fuggire da se stessi» (pp. 6 s).

​Basta questo: «l’uomo sta portando il caos» (p. 36) sulla terra, quel disordine profondo che impedisce di guardare in alto e vedere il cielo. Chiaramente la narrazione si nutre del mito per cui l’umanità ha vissuto un’epoca d’oro, di armonia con la natura e con gli animali. Oggi invece questo equilibrio si sarebbe rotto, attirandosi così calamità naturali quali la pandemia, intesa come vendetta della natura e degli animali per ristabilire l’ordine. L’animale, al contrario dell’uomo esprime un’intelligenza superiore che gli permette di restare in comunione con la natura e con gli altri esseri viventi. (P. Antonio Spadaro S.I., «L’assemblea degli animali». Una favola selvaggia, La Civiltà Cattolica, 20 feb/6 mar 2021, pp. 396-398) (continua).