La parrocchia ha una storia antichissima e fin dagli inizi ha svolto un ruolo fondamentale nella vita dei cristiani, quello dell’annuncio evangelico. Lo stesso termine «parrocchia», nel suo significato etimologico (paroikia), indica «una casa in mezzo alle case», proprio per vivere la logica dell’incarnazione che il Signore ci ha rivelato e insegnato.

Ma quale sarà il futuro della parrocchia?

Il mondo in cui viviamo ha subìto negli ultimi anni dei cambiamenti epocali, con cui anche i cristiani devono confrontarsi. Tutti viviamo una vita frenetica, continuamente in movimento anche quando ci fermiamo, una vita accelerata, frammentata in molteplici attività, colpita da numerosi messaggi variegati, in un tessuto metropolitano che oggi non è più solo quello delle città, ma si è esteso ai paesi e perfino ai piccoli centri rurali. «La rapidità dei cambiamenti, l’avvicendarsi dei modelli culturali, la facilità degli spostamenti e la velocità della comunicazione stanno trasformando la percezione dello spazio e del tempo. […] Il legame con il territorio tende ad essere sempre meno percepito, i luoghi di appartenenza divengono molteplici e le relazioni interpersonali rischiano di dissolversi nel mondo virtuale senza impegno né responsabilità verso il proprio contesto relazionale». Viviamo in un mondo più articolato rispetto al passato e segnato dal pluralismo culturale e religioso. 

Che cosa può fare una parrocchia in una simile situazione di trasformazione?

E’ in grado di affrontare il nuovo stile di vita che ormai s’impone un po’ ovunque? E’ capace, in questa nuova situazione che si va generalizzando, di annunciare la freschezza e la gioia del Vangelo?

Queste e altre domande si è posta La Congregazione per il clero nell’Istruzione che va sotto il titolo La conversione pastorale della comunità parrocchiale al servizio al servizio della missione evangelizzatrice della Chiesa, per richiamare l’attenzione sull’evoluzione che la società ha avuto negli ultimi decenni e sul ruolo e la forma della parrocchia in questo nuovo contesto. L’Istruzione segue l’indirizzo pastorale di papa Francesco che auspica che la comunità cristiana abbia l’animo missionario ed evangelizzatore della «Chiesa in uscita». Il Papa ha affermato:«La missione, la “Chiesa in uscita” non sono un programma, una intenzione da realizzare per sforzo di volontà. E’ Cristo che fa uscire la Chiesa da se stessa». Allo stesso tempo l’Istruzioneintende essere uno strumento canonico – pastorale  per applicare meglio l’ecclesiologia del Vaticano II alla vita della parrocchia.

Il documento si compone di due parti: la prima (capp. 1-6) offre una riflessione sulla conversione pastorale, il senso missionario e il valore della parrocchia nel mondo odierno; la seconda (capp. 7-11) si sofferma sulle ripartizioni interne della comunità parrocchiale, i diversi ruoli in essa presenti (parroco, presbiteri, diaconi, consacrati, laici), gli organismi di corresponsabilità ecclesiale nella cura parrocchiale e presenta il contesto in cui può avvenire il cambiamento e gli strumenti canonici per affrontarlo.

Il tema di fondo dell’Istruzione è la «conversione pastorale […] perché le comunità cristiane siano sempre di più centri propulsori dell’incontro con Cristo», e se Benedetto XVI, nel 2006, ha ricordato che il cambiamento non sta nel rinnovamento delle strutture, nell’accorpamento delle parrocchie e nelle nuove unità pastorali, bensì nel rinnovamento delle parrocchie alla luce dell’esperienza delle prime comunità cristiane, anche papa Francesco nell’Evangelii gaudium ha indicato che bisogna fare in modo «che le strutture diventino tutte più missionarie, che la pastorale ordinaria in tutte le sue istanze sia più espansiva e aperta, che ponga gli agenti pastorali in costante atteggiamento di “uscita” e favorisca così la risposta positiva di tutti coloro ai quali Gesù offre la sua amicizia». 

Le strutture dunque sono strumenti al servizio delle persone, e non viceversa. Quando si parla di rinnovamento e di programmazione bisogna evitare progetti teorici e da attuarsi in pochi anni, soprattutto se alcune parrocchie sono accorpate in base a criteri numerici, senza tener conto delle loro tradizioni e della loro storia. Tali soluzioni possono mettere a dura prova la fede del popolo di Dio e forse conducono anche all’abbandono della pratica religiosa. L’Istruzione invece raccomanda ai Vescovi di agire con gradualità, in dialogo diretto e paziente con i fedeli delle parrocchie, rispettando i luoghi, i segni e la loro vita di fede.           

L’Istruzione raccomanda di «guardarsi dall’eccessiva burocratizzazione in modo da non trasformare le strutture parrocchiali in «piccole aziende» che rendano le persone «utenti passivi» e le allontanino dalla vita della comunità e dalla partecipazione ai sacramenti» e stimola soprattutto ad «evitare due eccessi: quello di una comunità in cui il parroco e i presbiteri hanno il monopolio su tutto e decidono ogni cosa da soli, e quello di una parrocchia che sembra essere senza un pastore, dove funzionari parrocchiali laici si occupano della pastorale in forza di un contratto di lavoro e non per spirito di missione e con la gratuità del volontariato».

Ogni riforma dev’essere preceduta da ampie consultazioni, sia con il clero, sia con i laici, sia anche con gli ambiti istituzionali a ciò delegati (Consigli presbiterali, pastorali, diocesani), in modo da rendere viva la sollecitudine del pastore per tutte le realtà della diocesi. Va poi evitato un certo indifferentismo, sia «laicizzando» i chierici sia «clericalizzando» i laici. (G. Pani S.I., Il futuro della parrocchia: la conversione pastorale al Vangelo, La Civiltà Cattolica, 3/17 aprile 2021, pp. 59-69)